Dopo
l’expo del Pigneto, nell’ambito della collettiva organizzata a "lo Yeti" per i
tipi di ArteIntegra, Debora è approdata in quel di Cagliari per una personale
nella sua città natale, all’interno della manifestazione artistica dodici12xdodici12,
voluta dall’Assessorato alla Cultura, organizzata nella saletta comunale del
Portico di Piazza Roma, adiacente il Teatro Centrale di Carbonia.
Photo by Giampaolo Merella
È
stato un successo, e non intendo “semplicemente” dal punto di vista
quantitativo, anche se il guest book
documenta una forte affluenza ed una rara emotività generata dalla visione
delle opere, ma è stato un momento in cui si è potuto tornare a parlare di
Arte, di Sentimenti e, soprattutto, di crescita attraverso le lenti della
Memoria, dell’odore delle Radici e di vere Persone, anziché di ritratti, come ha ben
sintetizzato Stefano Fiori sul suo blog:
«Grazie
per tenere viva la memoria sarda nelle sue tradizioni, nei suoi usi e costumi
attraverso gli sguardi, le espressioni, i gesti di un popolo fiero e orgoglioso.
Un orgoglio che dovrebbe essere vissuto da tutti come aspetto fondamentale per
prendere coscienza che con la cultura e con l’arte si potrebbero creare quei
presupposti fondamentali per crescere. Crescere in un modo del tutto
sostenibile, ma soprattutto uguale per chiunque vive intensamente la propria
vita.
Credo
che aver avuto l’opportunità di conoscere la pittrice Debora Diana, originaria
di Serbariu che da anni vive e lavora a Roma, mi abbia dato la forza e la
volontà di credere ancor di più nelle persone in quanto detentori del proprio
destino. Quello stesso destino o in qualsiasi modo lo si possa identificare che
l’impegno dell’artista è stata capace di mutare nel paese di Serbariu. Con la
sua Arte (perché di arte si tratta) ha arricchito le mura di abitazioni e
luoghi come piazze e cortili con alcuni murales rappresentanti la vita di
quelle stesse persone che sono capaci di emozionare per quanto sia semplice il
messaggio che trasmettono».
Ho
visto sguardi sorpresi ed ammaliati, ho ascoltato stralci di ricordi immaginati
o rigenerati dalla visione, ho sentito emozioni pure ed ho notato la volontà di
superare le abitudini, rappresentata da due bellissime signore che, superando
il bon ton che si deve osservare ad
un vernissage, sono apparse sulla soglia in costume tradizionale il giorno
dell’inaugurazione.
Questo
ciclo di Opere di Diana Debora, in effetti, abbattono il velo della formalità
rappresentativa, ricollegandosi direttamente a reminiscenze ancestrali, ad una
rappresentata bellezza interiore, ad una figurativa emotività, come ha ben
raccontato Antonella Meloni Corsini, in arte Shikanu’, nell’introduzione della
mostra:
«Al
centro dell’espressione artistica di Debora Diana c’è l’amore per la sua terra
d’origine, la Sardegna ,
rappresentata attraverso l’eleganza e il fascino misterioso delle sue donne,
avvolte negli antichi costumi ed emergenti da sfondi spesso appena abbozzati.
Sono
visioni da sogno, con figure che si sovrappongono ad altre figure o a oggetti
che riemergono dal passato ma che si presentano attraverso una matrice pittorica
moderna dove i colori seppiati sono capaci di mettere in risalto la componente
emotiva e nostalgica di questa mostra da non perdere assolutamente».
Due
opere di Debora sono entrate a far parte di collezioni private in questa
occasione, la grande "Sartiglia" ed il piccolo ma intenso "Distinti Ossequi"; molte intense fotografie di Giampaolo Merella e di Giorgio Locci
documentano che a volte i sogni, diventano realtà.
Subito dopo l’intensa settimana di esposizione, Debora, com’è sua abitudine, ha realizzato un altro murales nella sua Serbariu, l’antica borgata che oggi è completamente inglobata al Comune di Carbonia, ma questo è un altro post…
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