Del secondo murale di Debora ve ne parlo io, visto che lei è impegnata nel terminare il bozzetto del lavoro che realizzerà questa estate, e che questo blog è fermo da trooppo tempo.
Dopo
“la Cestinaia”
del 2009, nell’inverno del 2011 Debora scelse un altro soggetto semplice per portare avanti il suo
progetto di dare nuova forma alle tradizioni sarde
attraverso quelle che sono le sue Storie, i suoi miti e, ovviamente, le sue
immagini, che hanno il sapore di un mondo antico ancora presente: la Ricamatrice.
Il tutto, come nella natura di Debora, avvenne con molta genuinità, ma già dalla scelta della parete, alta 8mt e larga 4mt, si poteva intendere la chiarezza dei suoi obiettivi e la maestosità con cui Debora sapeva rivestire un gesto tanto quotidiano.
Per
questo secondo passo c’è stato bisogno dei permessi formali e di una ditta
specializzata nell’allestimento dei ponteggi, per permettergli di lavorare tranquillamente a quell'altezza, in tutta sicurezza. Solamente per riportare in
proporzione il suo immenso disegno, con l’ausilio di una griglia quadrettata,
Debora ha impiegato due giorni.
Poi
è passata ai colori, smalti acrilici all’acqua e, come nell’incanto del fare
arte, la figura sembrò emergere familiare, come da un popolare inconscio.
Ci
sono voluti altri sette giorni per terminare il lavoro, ma questo non ha pesato
affatto a Debora che anzi ha dichiarato ad un giornalista de “la Provincia”:
«Quello
che mi interessa, soprattutto, è fare in modo che queste immagini non vadano
perdute e che rimangano libere e fruibili da tutti, indistintamente. Per
questo, dopo aver dipinto diversi soggetti su tela, ho cominciato a fare
murales.
Quest’ultima esperienza della “donna che ricama” è stata molto più appagante, soprattutto per il clima di complicità che si è venuto a creare con gli abitanti di Serbariu che mi dispensavano consigli e racconti. Sembrava quasi che, nel vedermi all’opera, ritrovassero una sorta di dignità nell'essere come sono»
Quest’ultima esperienza della “donna che ricama” è stata molto più appagante, soprattutto per il clima di complicità che si è venuto a creare con gli abitanti di Serbariu che mi dispensavano consigli e racconti. Sembrava quasi che, nel vedermi all’opera, ritrovassero una sorta di dignità nell'essere come sono»
Alla
fine tornarono gli operai, che iniziarono a smontare l’imponente impalcatura e
quei gesti e quei corpi, che per alcuni possono sembrare tanto avulsi all’Arte,
in quel contesto non sembravano affatto fuori luogo.
.
Sembravano
piccoli folletti che, pezzo dopo pezzo, svelavano inconsapevoli un enorme mistero.
Sembravano semmai ignari attori di una performance bellissima ed unica, che riportava d’incanto la sommità dell’arte alla più umana altezza di un balconcino al piano rialzato, godibile cioè da tutti.
È
così che nell’agosto del 2011 “la Ricamatrice” prese forma, in tutta la sua
possente purezza, in
via Fabio Filzi a Serbariu (Carbonia), in provincia di Cagliari.
Io
ho voluto raccontarvi questa storia soprattutto per non scordarla ma sono
sicuro che, se mai passerete di là, nemmeno voi la potrete mai dimenticar.
«Il ricamo è un’arte i cui segreti sono
custoditi prevalentemente dalle donne, ed è legato alla realizzazione di
coperte, stoffe, tovaglie e tappeti, ma soprattutto alla lavorazione dell'abito
tradizionale sardo, che si è sviluppata maggiormente nel sud della Sardegna».